Buco di Viso

Il Buco di Viso o Buco delle Traversette ( Pertuis du Viso in lingua francese,Ingresso del BUCO versante val Po
Përtus dël Viso in lingua piemontese) è un tunnel di circa 75 metri, non carrabile che collega l’Italia con la Francia mettendo in comunicazione i territori comunali di Crissolo e Ristolas. È stato il primo traforo alpino della storia e rappresenta una delle più antiche opere di ingegneria civile realizzate in alta montagna. Si trova alle pendici del monte Granero in alta Valle Po (provincia di Cuneo), appena più in basso del colle delle Traversette a quota 2.882 m s.l.m. e sotto la cresta che separa la valle Po da quella francese del Guil.

Caratteristiche

Posto in direzione Est-Ovest 80 metri sotto la dentellata cresta ovest del monte Granero, è lungo 75 metri, alto mediamente 2,5 e largo 2 (quanto bastava a far passare un mulo caricato da due some laterali). Il traforo in origine (1480) misurava 100 metri di lunghezza, ora come detto solo 75 a causa dell’erosione dei fianchi del monte Granero.

La roccia di cui sono formate le pareti sono gli scisti cloritici anfibolici e il tracciato è leggermente curvo in quanto nello scavo si sono inseguite le zone di minima resistenza della roccia (cioè si sono seguite le foliazioni degli scisti). Inoltre la leggera pendenza verso il versante italiano favoriva un frequente interramento della galleria coi detriti portati dalle acque; a ciò si è posto rimedio con l’erezione di un paravalanghe in corrispondenza dell’ingresso francese.
Allo stato attuale è percorribile a piedi in tutta la sua lunghezza, tuttavia nei mesi invernali e primaverili la neve ne può ostruire l’ingresso rendendolo perciò inaccessibile. Per la sua visita, che ovviamente è libera e che si può effettuare agevolmente solo nei mesi estivi, è necessaria una torcia e consigliabile un caschetto di protezione. L’entrata italiana è più agevole di quella francese, che è più piccola e stretta in quanto ostruita da sfasciumi di rocce (e dalla neve fino ad estate inoltrata). L’aria presente all’interno del Buco di Viso è satura di umidità e la temperatura sensibilmente più bassa di quella esterna.

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Storia

Alla fine del Quattrocento, sotto la guida di Ludovico II, il Marchesato di Saluzzo si apprestava a toccare l’apice del suo splendore. Il piccolo regno esercitava da secoli un ruolo tutt’altro che secondario sul territorio cisalpino occidentale, e così pure sulla scena internazionale. La politica saluzzese aveva alternativamente seguito le linee dei Savoia e dei francesi e la strategica posizione territoriale rendeva il Marchesato particolarmente ambito dai due governi. Preso il potere nel 1475, Ludovico II invi¨° una richiesta ufficiale al Parlamento di Grenoble per realizzare una galleria che rendesse più agevole il passaggio tra le sue terre e il Delfinato. Poichè la risposta si faceva attendere, nel 1477 il marchese decise di scrivere al re di Francia Luigi XI e a Jean d’Aillon, governatore del Delfinato. All’epoca non era impresa da poco forare le dure rocce della catena del Monviso, ma i vantaggi per entrambe le parti sarebbero stati notevoli. Il commercio del sale in arrivo dalla Provenza era fiorente, e sotto la galleria sarebbero potute passare anche le colonne di muli con le merci più disparate. C’ da supporre che furono i disegni espansionistici a convincere il re di Francia e il parlamento transalpino: con la nuova galleria, infatti, il percorso sarebbe stato più sicuro anche per l’eventuale passaggio degli eserciti. Il punto in cui realizzare l’opera, un po’ a nord del Monviso, fu individuato sotto il Colle delle Traversette. La galleria avrebbe accorciato il viaggio di poche centinaia di metri, ma avrebbe consentito di evitare le ultime rampe che, soprattutto sul versante italiano, esponevano il sentiero su paurosi strapiombi. Nel 1478 il progetto fu approvato, e la realizzazione dell’opera affidata agli impresari Baldassare di Alpiasco, oggi Piasco, e Martino di Albano. L’intero costo, calcolato in dodicimila fiorini, era da dividere in eguale misura tra il Delfinato e il Marchesato di Saluzzo. Si concluse un accordo che prevedeva la sistemazione delle strade di avvicinamento sul versante francese a cura del governo transalpino. Si considerò anche che dallo stagno di Berre, vicino Marsiglia, si sarebbero potute produrre 5300 olle l’anno di sale e si stabilì che la parte per il Marchesato avrebbe avuto un prezzo minore. Per evitare speculazioni, si stilarono precise regole che i mercanti dovevano rispettare. A quanto si dice, per scavare la galleria furono impiegati ferro, fuoco, aceto e acqua bollente, ma in soli due anni dall’approvazione del progetto i due versanti delle Alpi erano, per la prima volta nella storia, collegati da un tunnel. I commerci tra i due versanti s’intensificarono portando benefici alle popolazioni locali. Ma dopo le merci vennero gli eserciti, e il buco acquisì importanza strategica. Più volte bloccato, fu poi riaperto al transito delle truppe: quando le guerre si placavano riprendeva il passaggio delle merci. Nel secolo scorso ebbe ancora una funzione di rilievo: fu utilizzato dagli emigranti della Valle Po e della vicina pianura che si recavano in Provenza e nel resto della Francia a zappare viti, mietere il grano o a svolgere umili lavori. Nel corso dei secoli il Buco di Viso fu spesso soggetto a periodi di chiusura forzata dovuti alle frane, specialmente sul versante francese. Nel 1803 fu ripulito dai materiali che ne ostruivano il passaggio, ma nel 1820 era di nuovo bloccato. Da allora, le sovvenzioni di enti e l’intervento di personalità e di volontari resero possibili periodiche riaperture. Una delle più note certamente quella del 1907, molto ben documentata da Valbusa nel bollettino del Cai n. 11 di quell’anno: i festeggiamenti durarono due giorni, furono sparati i mortaretti, intervennero autorità civili e militari e giornalisti dei due versanti delle Alpi, tra cui il corrispondente del Corriere della Sera. Da allora la galleria stata ripulita a più riprese; gli ultimi interventi sono stati eseguiti nel corso del 1998.
Oggi il Buco di Viso meta di studiosi e di escursionisti che salgono lassù per ammirare l’opera di alta ingegneria che da oltre cinque secoli collega la Valle Po con la francese Valle del Guil. Una vera anticipazione dell’attuale cooperazione europea.